“Ci pensi mai?” chiese Leonardo picchiettando graziosamente le dita sulla minuscola gamba del fratello.
Tommaso sospirò, producendo un suono gorgogliante nel silenzio ovattato. “A cosa dovrei pensare, Leo? A parte che stai di nuovo invadendo il mio lato? Dai…che già stiamo stretti…”.
“No, non pensavo a quello” – ribatté Leonardo, ignorando i lamenti del fratello – “penso... al fuori”.
Ne seguì un momento di silenzio. Solo un ritmico tamburellare, lontano, costante colonna sonora costante della loro esistenza. TUM-TUM, TUM-TUM, TUM-TUM.
“Il fuori?” – ripeté quindi Tommaso, con tono scettico – “che cavolo sarebbe il fuori? Non esiste nessun fuori. Esiste qui. Esiste questo... bozzolo caldo, umido e rassicurante. Fine della storia”.
Si voltò leggermente trovando una posizione più comoda contro la parete soffice.
“Ma come fai a esserne così sicuro?” – insisté Leonardo con tono polemico – “io sento delle cose, a volte. Vibrazioni. Suoni ovattati che sembrano delle voci lontane, o una musica…”
“Sciocchezze” – sbuffò Tommaso. “Sono i borborigmi del sistema. Il Grande Fratello che fa i suoi rumori. O forse sei tu che sogni troppo dopo esserti nutrito” – precisò Tommaso indicando con un gesto del capo il cordone pulsante che li legava entrambi ad una fonte invisibile. “Questa è la realtà, Leo. Buio, calore, un buffet all you can eat e questo costante, noioso TUM-TUM. Non c'è altro”.
“Non credo sia tutto qui, Tommy” mormorò Leonardo – “certe volte, sento anche una pressione... gentile. Come …una carezza. Dall’esterno delle pareti”.
“Contrazioni muscolari involontarie della struttura” – diagnosticò Tommaso con aria di sufficienza. “Fisica elementare, mio ingenuo fratello. Succede. Questo posto si muove, si adatta. È antisismico. Non significa che ci sia un’entità senziente là fuori che ci accarezza. È ridicolo!”.
“Ma da dove viene il nutrimento?” chiese Leonardo, giocando la sua carta migliore. “Non si genera mica da solo. Qualcuno, o qualcosa, deve fornircelo. Qualcosa di più grande di noi”.
Tommaso ci pensò un attimo, increspando la sua piccola fronte nel buio. “È un meccanismo. Come il TUM-TUM. Fa parte del sistema. Siamo collegati a una… che ne so… una dispensa centrale, immagino…o qualcosa del genere. Un automatismo progettato per mantenerci in questo stato. Non implica necessariamente l’esistenza di un 'qualcuno'. È solo... è così che funziona”.
“ok, fratello, anche ammettendo che sia davvero così. Ma perchè?” – insistette Leonardo – “Perché siamo qui? A quale scopo?”
“Scopo?” – Tommaso emise un suono increspato che voleva essere una risata – “Oh, Leo, sei incorreggibile. Non c'è uno scopo. Siamo qui. Esistiamo. Fluttuiamo. Mangiamo. Dormiamo. Punto. Cercare uno scopo è una perdita di tempo e di energie. Energie che potresti usare per... beh, non fare nulla, che è l’opzione più sensata!”.
“Io penso che ci sia di più, fratello” – disse Leonardo con fermezza – “penso che questo posto sia solo temporaneo. Ci stiamo preparando per qualcos’altro”.
“Preparazione? Per cosa? Per più buio? Per un posto ancora più stretto?” – replicò Tommaso con tono più divertito che infastidito, ritenendo veramente troppo assurde le idee del fratello.
“No! Per il fuori! Te l’ho detto prima” – esclamò Leonardo – “per un posto dove c'è... luce!”
“Luce?” Tommaso rise di nuovo. “Cos'è questa luce? Un concetto senza senso. Hai mai visto la luce? Io no. Qui c'è solo oscurità. Confortevole, prevedibile oscurità. Quella luce di cui parli è una favola che ti racconti per non annoiarti”.
“Ma i suoni…?”
“Borbottii.”
“Le carezze…?”
“Spasmi.”
“Il nutrimento…?”
“Automatismi. Alta ingegneria”.
“E il TUM-TUM?” chiese Leonardo con tono di sfida. “È solo un rumore di fondo per te?”
“È il motore del sistema” – concesse Tommaso – “forte, costante. Ci ricorda che il sistema funziona. Ma non è personale. Non è qui per noi”.
“Io credo di sì” – sussurrò Leonardo – “credo che sia il suono della… madre”.
Ne seguì un silenzio più lungo, interrotto solo da quel costante TUM-TUM. Persino Tommaso sembrò colpito da quella parola.
“Madre?” – ripeté, con una nota di curiosa incredulità – “E cosa sarebbe questa madre?"
“Non lo so con certezza, l’ho vista in sogno. Credo sia colei che ci ha creati” – spiegò allora Leonardo, trovando un tono improvvisamente perentorio. “Colei che ci nutre, che ci tiene al caldo. Colei il cui cuore fa TUM-TUM per noi. Colei che, un giorno, ci guiderà verso il fuori, verso la luce, continuando a proteggerci. Non so spiegarti come lo so, ma è così, credimi. Lo sento.”.
Tommaso rimase nuovamente in silenzio. Poi, scosse la testa, per quanto potesse, in quello spazio fin troppo intimo. “oh Leo, Leo. Ascolta quello che stai dicendo. Stai costruendo un intero universo basato su sensazioni vaghe e desideri infantili. Una madre? Una luce? Un fuori? Sono tutte fughe dalla realtà. La realtà è questo. E, francamente, non è poi così male. È sicura. È prevedibile. È comoda!”.
“Ma è... limitata!” – protestò allora Leonardo – “non senti mai il desiderio di... qualcosa di più? di vedere? di respirare aria vera?".
“Aria vera?” - gli fece eco Tommaso, sarcastico - “Un altro dei tuoi concetti fantasiosi. Noi respiriamo questo liquido. È tutto ciò che conosciamo e di cui abbiamo bisogno. Volere di più è cruda ingratitudine verso il sistema che ci sostiene”.
“Io non credo affatto sia un sistema impersonale come lo dipingi” – disse allora Leonardo - “Io credo che ci sia amore, dietro tutto questo”.
“Amore?” Tommaso quasi soffocò una risata. “Ora parli di amore? Leo, sei completamente andato. L’amore è un’idea astratta per giustificare comportamenti irrazionali. Qui abbiamo fisica, biologia e al massimo idraulica. Ma quale amore!”.
Improvvisamente, le pareti intorno a loro si strinsero. Una pressione diversa da quella usuale, più intensa, più decisa.
“Che cavolo è stato?!” - chiese Tommaso, allarmato e improvvisamente meno sicuro delle sue idee.
“Non lo so, fratello” - rispose Leonardo, sentendo anche lui la contrazione - “è stata... forte! Non avevi detto che questo posto è antisismico?”
La pressione aumentò ancora, spingendoli l’uno contro l’altro, forzandoli verso una direzione che non avevano mai esplorato.
“Leo, sta succedendo qualcosa!” - esclamò Tommaso con una nota di panico nella voce - “il sistema sta cedendo! Te l’avevo detto che era meglio non pensare a certe sciocchezze! Ci hai fatti bandire! Ci stanno espellendo!"
“O forse...” – disse Leonardo, con un misto di timore ed eccitazione – “forse questo è l'inizio. Forse la madre ci sta chiamando. Forse stiamo andando verso il fuori!”
“Dannazione fratello! smettila con queste fandonie!” – gridò Tommaso, in preda al panico, mentre una nuova e potente ondata li spingeva inesorabilmente verso l’ignoto. “Questa è la fine di tutto! Non c'è nessuna luce! Solo la fine di tutto ciò che conosciamo!”.
“Ma se invece ci fosse?” – replicò Leonardo con fatica, quasi senza fiato per la pressione – “se ti fossi sbagliato per tutto questo tempo? Se là fuori ci aspettasse davvero qualcosa? Una fantastica avventura?”
“Impossibile!” – gemette Tommaso – “È illogico! contrario ad ogni evidenza!”.
“Ma la tua esperienza è limitata a questo posto!” – gridò Leonardo, mentre scivolava sempre più giù – “forse la vera logica è là fuori!”.
Le pareti si strinsero ancora. Per Tommaso il buio diventò più denso, più opprimente. Leonardo invece lo percepiva vibrare di quei sogni che ormai faceva da un po’ e dai quali cercava risposte.
“Fratello, ho paura!” - confessò Tommaso, la sua ora voce minuta e tremante, aveva perso tutta la sua razionale spavalderia.
“Anch’io” – ammise Leonardo, sentendo il suo corpicino spinto con forza verso l'ignoto – “ma sono anche immensamente curioso… voglio sapere la verità!”.
Un’ultima, fortissima spinta. Un senso di costrizione insopportabile, seguito da una sensazione completamente nuova...
Forse era freddo, forse rumore, forse quella luce di cui parlavano.
Tommaso urlò, un vagito acuto e disperato che non aveva nulla a che fare con i suoi precedenti gorgoglii scettici. Era l’urlo di chi credeva di precipitare per sempre nell’oblio.
Leonardo sentì l’urlo del fratello, ma il suo fu diverso. Un sussulto, un rantolo soffocato mentre i suoi piccoli polmoni si espandevano per la prima volta, bruciando d’aria gelata, la stessa che sferzava la sua pelle umida e raggrinzita, facendola rabbrividire in un modo mai sperimentato prima. Una luce accecante, dolorosa, trafisse le sue piccole palpebre serrate, costringendole a strizzarsi ancora di più.
Suoni assordanti – clangori metallici, voci acute e sconosciute, un pianto stridulo che sembrava provenire da ogni direzione – sostituirono il familiare, ovattato TUM-TUM.
Forse Tommaso aveva ragione, forse quella era la fine. Era sparito anche il buffet!
O forse no, forse aveva appena iniziato ad intravedere quanto fosse davvero piccolo e limitato il loro mondo e quanto vasta e sconcertante potesse essere la realtà… quel “fuori” che fino a quel momento aveva solo sognato.
Leonardo fu scosso da un tremito involontario. L’aria era entrata nei suoi piccoli polmoni con prepotenza. Era tutto così diverso, così strano!
Ma poi, in mezzo al caos, percepì qualcosa. Un tocco gentile, quella carezza che aveva a lungo percepito. Diverso dalle pareti del bozzolo, diverso dalla pressione. Una superficie calda, morbida, che lo avvolgeva. Sentì poi un suono ritmico, vicino, familiare ma diverso dal TUM-TUM ovattato del bozzolo. Un battito più definito, più forte.
E poi una voce. Bassa, soffice, carica di qualcosa che non sapeva ancora definire. Non erano i borborigmi del sistema. Era come una melodia già conosciuta ma sopita in qualche cassetto della memoria. E all’improvviso capì.
“Madre? Sei tu?” – pensò Leonardo, sopraffatto dall’emozione.
Quel pensiero si cristallizzò immediatamente in una certezza, quasi dolente per la sua intensità. Era reale ed era la risposta alle sue domande esistenziali.
Vennero entrambi adagiati su di una superficie calda, morbida e profumata, che si modellava delicatamente attorno ai loro piccoli corpicini tremanti. Non erano più le pareti lisce e impersonali del bozzolo; questa era pelle, viva, che emanava un calore profondo, che non solo li riscaldava, ma sembrava penetrare fino al nucleo del loro essere, placando il terrore primordiale dell’ignoto. La carezza definitiva, non uno spasmo involontario ma un gesto intenzionale, carico di infinita tenerezza.
Il TUM-TUM era lì, potente e vicino. Non più un suono ovattato e lontano, ma un ritmo vitale che sentiva vibrare attraverso il contatto diretto, un basso continuo che ora non parlava più di un sistema astratto, ma di un cuore. Il suo cuore. Madre. Batteva forte, un po' affannato forse, ma costante, rassicurante. Era il motore, sì, ma non di una macchina: il motore di un amore incommensurabile.
E la voce. Non era più un’eco lontana e distorta, ma un dolce sussurro che avvolgeva i loro sensi come la più morbida delle coperte. Parole indistinte, per ora, mormorii dolci e spezzati dall’emozione, ma il tono era inequivocabile. Parlava di sollievo, di gioia incontenibile, di stanchezza intrisa di felicità. La melodia che Leonardo aveva sempre cercato di decifrare, la musica nascosta dietro i borborigmi di Tommaso.
In quella voce c’era la risposta a tutte le domande di Leonardo, la giustificazione per il nutrimento, per il calore, per la loro esistenza.
Leonardo tentò di socchiudere le piccole palpebre, ancora incollate. La luce era meno aggressiva ora e intravide forme sfocate, curve morbide e un ovale più chiaro chino su di lui.
Non riusciva a mettere a fuoco i dettagli, ma percepiva l’intensità di uno sguardo, anche se non lo vedeva chiaramente. Sentì un profumo nuovo, diverso da qualsiasi cosa avesse mai conosciuto nel bozzolo umido. Era un aroma dolce, intimo, un misto di latte e pelle pulita, l’odore della vita stessa, l’odore della mamma. Il profumo di casa.
Capì allora cos’era quell’amore che aveva sognato e di cui aveva cercato di parlare con Tommaso, quella forza che il fratello aveva deriso come una folle idea astratta. Non era affatto astratto. Era questo tepore, questa morbidezza, questo suono, questo profumo. Era la forza che li aveva tenuti al sicuro per mesi, che li aveva nutriti, che aveva orchestrato il loro incredibile “debutto in società”.
Era la forza che ora li teneva stretti, proteggendoli dal freddo e dai rumori del nuovo mondo.
Era tangibile, potente, un amore che creava, sosteneva e guidava. Un amore che poteva tutto perché era l’essenza stessa della creazione, il motivo per cui lui e Tommaso esistevano.
Era questo il sentimento che muoveva ogni cosa, il vero motore dell’universo.
“Sì” – pensò Leonardo, abbandonandosi completamente a quella sensazione di appartenenza, mentre le sue piccole dita dei piedi si raggomitolavano istintivamente contro la pelle morbida della mamma. "Sei tu, madre, mamma. Il fuori sei tu, la luce è nei tuoi occhi che mi fissano. Il nostro scopo è sempre stato quello di raggiungerti”. E per la prima volta da quando aveva lasciato il loro bozzolo, un senso di pace profonda, primordiale, iniziò a sostituire la paura e lo stupore.
Sentì un leggero spostamento accanto a sé. Era Tommaso. Il suo pianto si era un po’ attenuato, trasformato in singoli singhiozzi più contenuti. Anche lui, pur nella sua razionale incredulità, percepiva inconsciamente quel calore, quella sicurezza primordiale.
Anche lui sentiva, senza capirlo, l’abbraccio della mamma.
Quell’amore di cui aveva parlato suo fratello non era solo un concetto astratto. Quelle carezze erano reali e il TUM-TUM non era solo un motore come lo aveva immaginato. Aveva davvero ragione lui!
Quanto spesso aveva confuso i limiti della sua personale, piccola caverna - tanto fisica quanto mentale ed emotiva - con i limiti del loro intero universo? Quanto spesso la paura dell’ignoto gli aveva negato la possibilità stessa della luce, dell’amore, solo perché non l’aveva ancora vista con i suoi occhi?
E quanto è ironico, ora, che la sua più grande paura – l’espulsione dal suo piccolo mondo sicuro – fosse in realtà l’evento più naturale e necessario della sua esistenza, l’unica via verso quella vita, per quanto inizialmente traumatica?
Il suo scetticismo razionale, basato sull’unica realtà che conosceva, lo aveva reso cieco alla verità più grande che ora lo stava travolgendo.
Mentre la fiducia, anche irrazionale, di Leonardo, basata su sensazioni e speranze, si era rivelata una guida più adatta all’incredibile transizione che entrambi si apprestavano a vivere.
Chissà se, una volta superato il trauma, avranno continuato quella loro discussione o se si saranno limitati a gridare “mamma! ho fame!”.
11 maggio 2025
Jonathan Gabrieletto
“Dedicato a tutte le mamme”
Bravissimo!
GRAZIE AMORE del mio CUORE🌹❤️🌹❤️🌹❤️